Le sfide della sostenibilità alla green week di Parma

09 luglio 2021
#SOSTENIBILITÀ

Il Festival della Green Economy di Parma, Venerdì 9 luglio, ha affrontato - nella sessione Grandi Eventi – il tema delle Sfide della sostenibilità. Il tema principale era incentrato sulle azioni per ridurre le emissioni di anidride carbonica e sviluppare una economia sostenibile. Ha introdotto e coordinato i lavori della sessione Nicola Saldutti, caporedattore Economia Corriere della Sera.

Daniele Manca, Vicedirettore del Corriere della Sera ha portato i saluti del quotidiano milanese. 

Giampiero Maioli, responsabile Crédit Agricole in Italia ha messo in evidenza il ruolo delle banche nel piano di contenimento delle emissioni e di sviluppo attraverso gli strumenti del PNNR e del recovery fund.

Gianni Vittorio Armani, Amministratore delegato di Iren, ha sottolineato come le ex municipalizzate siano cambiate tantissimo da quando sono state create agli inizi del XX secolo. Le aziende si sono evolute, aggregate, sono quotate in borsa, sono sul mercato e sul territorio. Il fatto che appunto operino sul territorio, e siano per esso un punto di riferimento, permette alle Utility di potere realizzare i progetti, e quindi di potere sviluppare la circular economy. Le aziende come IREN hanno un ruolo fondamentale, perché sono aziende che possiedono la capacità di mettere a terra i progetti. L’Italia, come paese, ha sempre avuto il problema di utilizzo dei fondi che venivano messi a disposizione dall’Europa. Iren, nello scenario attuale, ha la capacità di realizzare i progetti legati al territorio ed all’ambiente: ad esempio, Iren prevede, nel piano industriale, investimenti per un miliardo di Euro a favore della depurazione, problema molto sentito dal territorio vista l’elevata antropizzazione ma dall’intero paese, avendo l’italia migliaia di Km di coste da tutelare. Iren possiede peraltro anche la capacità di diffondere una cultura ambientale sul territorio, ad esempio la cultura del riciclaggio dei rifiuti: attraverso Iren i cittadini hanno imparato a differenziare, a separare i materiali, a sottrarre allo smaltimento le parti riciclabili, con grandi benefici per l’ambiente e per lo sviluppo delle attività di riciclo e di riutilizzo. Iren, in quanto azienda diffusa sul territorio, possiede inoltre la capacità di fare accettare alle comunità locali gli impianti necessari per lo sviluppo dell’economia circolare: un esempio è il Polo Ambientale di Parma, a suo tempo fortemente osteggiato e, adesso, giustamente celebrato per modernità, efficienza ed esempio a livello europeo di buone pratiche per il riutilizzo energetico della parte non riciclabile dei rifiuti per produrre energia e calore. Iren, inoltre, è attiva nel campo dell’innovazione: ad esempio una sua società, la I-Blu, oltre a produrre granuli selezionati da plastica riciclata per la produzione di nuovi manufatti, produce anche polimeri che possono sostituire il carbone nella produzione dell’acciaio riutilizzando scarti di plastica non riciclabile, con tutti i vantaggi che ne conseguono se si pensa ai problemi che, nel tempo, hanno afflitto aziende da tempo sulla ribalta nazionale. Ancora innovazione è prevista a Genova, dove è stato progettato un impianto da waste a chemicals per il riutilizzo di quello che poteva essere considerato un problema e che, invece, viene trasformato in una risorsa. Iren produce essa stessa energia rinnovabile, è una azienda del territorio per il territorio e non mancherà di raccogliere la sfida che l’Italia intera dovrà affrontare.

Suor Alessandra Smerilli, sottosegretario al Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e consigliere dello Stato della Città del Vaticano, ha sottolineato come Papa Francesco, nel marzo 2020, abbia istituito una Task force Economia della Commissione Vaticana per il Covid-19 per preparare il futuro dopo la pandemia mettendosi dalla parte dei più poveri e dalla parte dell’ambiente, con concretezza: è tempo di agire. 

Ermete Realacci, presidente Fondazione Symbola, ha sottolineato che nella sfida odierna della sostenibilità non ci si può permettere il lusso di essere dei dilettanti, in quanto la sfida è impegnativa, va superata e va vinta.

Roberto Cingolani, ministro della transizione ecologica ha messo l’accento su come, prima della transizione ecologica, vada affrontata la transizione burocratica. L’obiettivo principale è quello di abbattere - entro il 2030 - le emissioni del 55% rispetto a quelle che venivano prodotte nel 1990. Il 2030 è dietro l’angolo: occorre un gigantesco piano per sostituire i carburanti fossili con energia elettrica prodotta dalle fonti rinnovabili, che hanno un nome: eolico e solare. I numeri sono sfidanti: nel 2030 occorrerà essere in grado di produrre con le fonti rinnovabili oltre il 70% dell’energia elettrica distribuita in Italia, il doppio di quello che viene prodotta oggi. In termini pratici bisogna installare 70 GW di potenza elettrica rinnovabile nei prossimi 9 anni. Attualmente, in Italia, siamo in grado di installare 0,8 GW all’anno. Il tempo medio della catena dei permessi è circa 1500 giorni. Con la attuale capacità burocratica i tempi non coincidono, mentre esiste una assoluta urgenza di procedere rapidamente per centrare gli obiettivi di riduzione della produzione della CO2. L’Italia produce l’1% della CO2 mondiale (50 miliardi sono le tonnellate di anidride carbonica complessivamente prodotte dall’uomo). L’Europa produce complessivamente il 9% delle emissioni a livello mondiale. Se l’Europa avrà successo nel centrare tutti gli obiettivi, le emissioni globali caleranno del 9% e qui si pone un problema: se ai paesi in via di sviluppo non verranno fornite soluzioni tecnologiche in grado di evitare gli errori commessi nel XX secolo dall’Europa e dai paesi industrializzati, è chiaro che lo sforzo Europeo non servirà e le emissioni risparmiate dall’Europa verranno rimpiazzate da altri. In altre parole, la politica delle emissioni deve essere globale. I paesi che fanno da guida alla transizione ecologica devono anche fare da guida anche per i paesi in via di sviluppo, altrimenti non potranno che svilupparsi conflitti e migrazioni. Negli ultimi 200 anni la CO2 è raddoppiata rispetto a quella prodotta in centinaia di migliaia di anni precedenti. La popolazione mondiale è aumentata da 1 miliardo a 8 miliardi di persone: questo aumento significa cibo, energia (in USA le famiglie hanno 11 kw a disposizione, in Italia 3, in Europa 6). Un miliardo di persone non hanno accesso all’acqua potabile. È evidente che il modello attuale è sbagliato e che, al punto in cui l’umanità è arrivata, dal punto di vista delle emissioni non è possibile tornare agli inizi della rivoluzione industriale: la soluzione non può che essere in un approccio di tipo mitigatorio. Il pianeta è progettato per 3 miliardi di uomini ai consumi attuali, non per 8 miliardi. Bisogna diffidare da chi ha soluzioni pronte, che non esistono: si tratta di diffondere una cultura fin dalla più tenera età, bisogna partire dai bambini di 6 anni e cercare di fare loro capire quello che si deve aspettare l’umanità e quale è il modo di comportarsi sostenibile e compatibile con l’ambiente. Come si caratterizzano le emissioni da abbattere? Il 30% proviene dalla manifattura; Il 24% proviene dalla mobilità; il 24% dalla residenzialità e poi circa il 22% dall’Agrifood. Per incidere sulle emissioni occorre identificare le misure essenziali da applicare a questi quattro pilastri: proprio su questo si basano gli investimenti in previsione nel PNNR. Qualche esempiio di come agire: nell’Agrifood occorre incentivare la produzione di biogas, produrre e recuperare energia dagli scarti. Sulla mobilità sono stati stanziati 27 miliardi di investimenti. Nel settore mobilità 13 milioni di vetture sono vetuste e i mezzi vecchi non vengono sostituiti perché, spesso, non c’è disponibilità economica. Se transizione deve esserci, deve essere per tutti e non solo per pochi privilegiati, la cui scarsa numerosità non è in grado di incidere sul livello globale di emissioni. Per cui occorre, in Italia, installare fotovoltaico ed eolico, cominciare a produrre in proprio le batterie, cominciare ad installare le colonnine per la ricarica: tenendo ben presente che l’auto elettrica ha un senso solo se l’energia elettrica con la quale è alimentata è rinnovabile, non esistono alternative. La strategia, quindi, non può essere che quella di far crescere la domanda di mezzi elettrici assieme alla crescita delle energie rinnovabili, le due devono andare di pari passo. Inoltre, l’attuale rete elettrica non è stata progettata per gestire i flussi di energia rinnovabile (in grado di supportare le variazioni di carico che derivano dall’ energy mix eolico, fotovoltaico, idrico, integrazione a turbogas). Nella Residenzialità sono stati investiti 18 miliardi per il superbonus: incentivare il passaggio di 2 classi energetiche nelle abitazioni comporta il 20% di risparmio di CO2. Per l’Ambiente è una necessità potere disporre terreno in buono stato, di riforestare anche nelle città, più fotosintesi diffusa più la CO2 si stabilizza. Lo scopo fondamentale di tutte le azioni è quello di abbassare la produzione di CO2: altrimenti l’intera umanità andrà incontro ad una catastrofe dalle conseguenze inimmaginabili. La trasformazione green è una trasformazione epocale, e la sfida va raccolta e vinta. 

 Il video del Corriere della Sera

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